Oliva Denaro | Viola Ardone

Quarant’anni possono sembrare pochi e al tempo stesso possono sembrare tanti, dipende in che ottica vogliamo guardarli. Se pensiamo che sono passati quarant’anni dalla cancellazione dal codice penale dell’articolo 544 che prevedeva l’estinzione del reato se in seguito a una violenza sessuale la donna sposava il suo violentatore direi che quarant’anni sono pochi, pochissimi.

Prima del 1981 se una donna veniva violentata era costretta ad accettare un matrimonio riparatore se non voleva essere bollata come donna svergognata e rimanere zitella a vita; il matrimonio avrebbe riabilitato lei agli occhi della società, ma cosa più incredibile avrebbe cancellato il reato. A tutto questo aggiungerei che siamo dovuti arrivare al 1996 per riconoscere lo stupro come reato, perché prima di quell’anno era oltraggio alla morale e non reato contro la persona.

La femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia.

Questa è la frase che Oliva sente dire spesso da sua madre. Essere femmine è un lavoro: guardare sempre a terra, uscire sempre in compagnia di qualcuno, se un uomo ti rivolge la parola, taci, se un uomo ti fissa a lungo, abbassa gli occhi. Oliva sa che deve sentire ciò che le dice la madre, perché non può fare la fine di sua sorella Fortunata che per uno sguardo di troppo è finita prigioniera nella sua stessa casa. Oliva sa che quando avverrà il passaggio da bambina a donna non potrà più indossare le gonne corte sopra il ginocchio e stendersi per terra insieme a Saro, anche se Saro lo conosce da quando erano bambini, perché sempre di uomo si tratta.

Oliva ama leggere e andare a scuola, ma anche questo non è visto di buon occhio da quella madre che forse la vorrebbe diversa, ma per fortuna dalla sua Oliva sa di avere sempre suo padre che si esprime attraverso dei silenzi che sono carichi di parole.

Stenta a crederci Oliva di aver attirato l’attenzione di Pino Paternò, lei che si vede senza forme, con gli occhi grandi, ma scavati in viso, lei che la bellezza la vede sempre sulle altre ragazze e mai su di sé, stenta a crederci Oliva che Pino l’ha trascinata a ballare nella piazza del paese davanti a tutta la folla che adesso inizierà a sparlare di lei: ma come ha potuto? Ma non si vergogna? Bisogna correre ai ripari quanto prima.

Di matrimonio con il figlio dello strozzino non se ne può parlare, bisogna cercare altrove, ma Pino ormai ha verso di Oliva una fissa e un giorno accade l’irreparabile: e adesso?

E adesso a Oliva non resta che fare come fanno tutte, dire sì per non attirare su di lei tutte le malelingue del paese, ma come potrebbe dire sì a una persona che è arrivata a tanto? Come può dire sì a chi credeva promettesse amore, ma di amore non si è mai trattato? Oliva sceglie la strada più difficile, sceglie di dire no, consapevole che quel no potrebbe costarle caro e non solo a lei.

Oliva Denaro esce oggi nella collana Stile Libero di Einaudi e riporta in libreria una delle voci più intense e genuine della nostra letteratura contemporanea, Viola Ardone che attraverso la storia di Oliva vuole raccontarci la storia delle tantissime donne che in un passato non molto lontano dal nostro presente hanno saputo dire no e hanno lottato per avere un briciolo di giustizia, giustizia che spesso non è arrivata.

L’abilità di Viola Ardone è di far vivere i personaggi che racconta. Mentre leggevo questo romanzo, la sensazione di avere Oliva accanto che mi raccontava la sua storia non mi ha abbandonato fino all’ultima riga. Sembrava di sentirla questa ragazzina troppo piccola per capire l’amore, sembrava di vederla Oliva che si faceva carico di colpe non sue. Sarò stata io a dargli speranze? Il fatto che mi facessero piacere le sue attenzioni mi rendono colpevole tanto quanto lui? Sfido qualunque donna ad aver pensato cose simili nell’intento di giustificare azioni e parole degli uomini che ci sono accanto e non solo.

Come spesso ho detto, questa è la storia di Oliva, ma accanto sono molteplici i personaggi che si muovono e che sono protagonisti tanto quanto lei: la madre, che a un certo punto capirà che il suo dovere è stare dalla parte della figlia, il padre, silenzioso ma sempre presente, l’amica Liliana, capace di aprirle un mondo che prima non conosceva, Saro, l’amico di sempre e Maddalena Criscuolo, la militante dell’Udi che in un bellissimo cross-over ci riporta alla mente quel gioiello di libro che risponde al nome de Il treno dei bambini.

A questo punto direi che mi sono dilungata troppo, non so se si è capito, ma questo libro mi è piaciuto in un modo che fatico a descrivere. Nel caso sarò più chiara, leggete questa storia, leggete Oliva Denaro, perché libri fenomenali come questi sono cosa rara al giorno d’oggi: ve li fate sfuggire?

Ninna nanna delle mosche | Alessio Arena

Palmira è un piccolo paesino della Lucania, una delle regioni più a sud dello stivale. Nei primi decenni del Novecento erano più le persone che decidevano di imbarcarsi per raggiungere la terra promessa, la Merica, che quelli che decidevano di rimanere. Berto, il fornaio del paese, era tra quelli che erano rimasti; Gregorio, invece, alla Merica ci era andato, perché costretto da altri e divideva il suo tempo come operaio nell’officina Porvenir ad estrarre il salnitro e a scrivere le lettere degli italiani che come lui avevano lasciato affetti e amori nel vecchio Paese.

Gregorio sarebbe rimasto volentieri a Palmira, accanto al suo Berto, ma la loro unione aveva destato scalpore per l’epoca e l’unica soluzione era stata quella di mandarlo quanto più lontano possibile e cercare di salvare Berto, facendolo sposare con una ragazza per bene, una fanciulla cresciuta in un convento della zona che con il suo canto era capace di commuovere e far innamorare. Si chiamava Serafina e per tutti era la ninnanannara che aveva sposato Berto e le aveva dato una bambina, incosciente di quelle voci che giravano su suo marito e su quell’amico emigrato tanti anni prima.

Succede che quelle lettere che Gregorio aveva mandato al suo amore e che non erano mai arrivate a destinazione, arrivano per puro caso tra le mani di Berto che decide di partire a sua volta per la Merica alla ricerca del suo Gregorio, inconsapevole di dare il via a una serie di avvenimenti a catena legati tra loro.

Da un lato c’è Gregorio che con la sua amica pianista Dorotea girava in lungo e in largo per il Cile; dall’altra Berto che accodandosi a un circo si imbarca alla volta del nuovo continente per mettersi sulle tracce di Gregorio e in tutto ciò una serie di persone a loro volta legate alla vite dei due le cui vicende si intrecceranno loro malgrado.

Che per stare con te sono nato e per stare con te sono andato a cercare la morte

«Ninna nanna delle mosche» di Alessio Arena (Fandango) è un caleidoscopio di storie e personaggi che si muovono e si amalgamano tra loro alla perfezione. È un romanzo che procede come procede una canzone di cui non si può fare a meno, una di quelle che parte lenta ed esplode nel finale. Alessio Arena, oltre ad avere un evidente talento per la scrittura, ha il dono di raccontare storie di cui mi innamoro follemente e questa è una storia ricca di amore, un amore puro e coraggioso, di folklore, quel folklore che è parte della nostra cultura e delle nostre radici, e di passione, quella passione che anima le persone e le stravolge e soprattutto è una storia capace di farti il cuore a pezzettini e poi per farsi perdonare te lo riempie di gioia.

Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone | Maurizio de Giovanni

I libri di Maurizio de Giovanni rappresentano la mia comfort-zone per eccellenza e indipendentemente dal periodo che sto vivendo so di per certo che una storia del maestro riesce a riconciliarmi.

Dicembre da qualche anno a questa parte è il mese dei Bastardi di Pizzofalcone che con Fiori appena arrivato nelle librerie raggiungono il traguardo dei dieci libri (se consideriamo anche il prequel Il metodo del coccodrillo) e da appassionata lettrice di questa saga che è stata già privata del suo amato Ricciardi, non posso che sperare di leggere ancora tante storie su di loro.

Prima di morire, dovreste regalarvi un giorno di primavera a Pizzofalcone.

La squadra è chiamata a risolvere il caso dell’omicidio di Savio Niola, proprietario di un chioschetto di fiori nel quartiere considerato una vera e propria istituzione. A detta degli abitanti di Pizzofalcone, Niola era un brav’uomo, disposto a mettere gli altri prima di sé stesso, sempre pronto a dare una mano e un consiglio a chi si rivolgeva a lui e sempre ben disposto a raccontare le storie che si nascondevano dietro ai fiori che vendeva. Nessuno avrebbe potuto volere la morte di una persona così affabile e altruista, un uomo senza macchie e ombre. L’unico neo di tutta questa vicenda è da ricercare nella denuncia che Niola aveva fatto qualche tempo nei confronti del racket che stava affossando i commercianti che già dovevano pagare lo scotto di una crisi economica che non gli dava respiro. Si era esposto lui per salvaguardare tutti, nonostante nessuno gli avesse mai chiesto quella “tassa” e lo aveva fatto, perché qualcuno doveva pur parlare se non si voleva soccombere.

La brutalità dell’omicidio non convince la squadra, consapevole che quelli lì utilizzavano altri metodi e soprattutto bisognava smetterla con la storia che in quella dannata città dallo scippo al colpo di tosse si incolpasse sempre la camorra. A quel tipo di pregiudizio e di superficialità i Bastardi preferivano rispondere con i fatti, per cui bisognava allargare lo sguardo e capire cosa fosse successo a Niola quanto più in fretta possibile, perché quel commissariato che aveva avuto elogi da ogni dove rischiava sempre di chiudere e lavorare con questa taglia che pesava sul collo non era semplice.

È primavera a Pizzofalcone ed è una stagione strana quella, una stagione che ti fa credere che il caldo sta per arrivare, ma che invece ha ancora il freddo della stagione passata da smaltire. È una stagione che disorienta e illude e illusi si sentono anche alcuni componenti della squadra. Alex e Lojacono si erano illusi di avere accanto le persone giuste con cui passare il resto della vita, ma Rosaria era stata capace di distruggerla e Laura si era chiusa in un silenzio che non prometteva niente di buono. Ottavia e Luigi da un lato e Francesco dall’altro si erano illusi che un nuovo amore era possibile, ma la felicità del nuovo amore avrebbe ferito altre persone e non si poteva essere così egoisti. Elsa, invece, si era illusa che la scelta che aveva preso tempo prima e che l’aveva portata in questa caotica città l’avrebbe portata alla serenità tanto agognata, ma non sapeva cosa stava succedendo alle sue spalle. L’unico che non si illudeva e che continuava la sua vita come meglio credeva era Marco Aragona che ormai aveva messo le tende a casa del povero Giorgio Pisanelli che non solo doveva riprendersi dalla malattia, ma doveva anche sopportare quel disastro di agente scelto con il pessimo gusto nel vestirsi: meno male che c’era, pensava, altrimenti la sua vita sarebbe stata più vuota e solitaria, l’importante era non farglielo capire. È questa la forza narrativa della saga: nessun personaggio è più importante dell’altro, si procede tutti insieme e la coralità diventa la centralità.

Potrei dirvi che questo è il miglior romanzo della saga dei Bastardi e mi rendo conto di dirlo per ogni libro, ma non sono io che mento, piuttosto è l’autore che ogni volta è in grado di sorprendermi e di farmi ricredere.

  • Titolo: Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone
  • Autore: Maurizio de Giovanni
  • Casa Editrice: Einaudi (Stile Libero)
  • Data di pubblicazione: 1 Dicembre 2020

Troppo freddo per Settembre| Maurizio de Giovanni

Nella mia vita da lettrice da qualche anno a questa parte sono diventati fissi gli appuntamenti con i nuovi libri di Maurizio de Giovanni che essendo scrittore dalla penna fluente ci regala un bel po’ di storie che ci fanno compagnia durante l’anno. Quindi appena concludiamo una storia, noi de Giovanners siamo certi che nel giro di poche settimane avremo tra le mani una nuova indagine a cui appassionarci.

Mina Settembre è tornata in libreria con “Troppo freddo per settembre” per Einaudi. La vulcanica e provocante assistente sociale del consultorio dei Quartieri Spagnoli che avevamo conosciuto con “Dodici rose a settembre” (Sellerio) sarà alle prese con una strana richiesta. Una donna arriva in consultorio pregando Mina di aiutarla nel dimostrare l’innocenza di suo figlio Rosario da poco uscito dal carcere che sicuramente verrà incastrato per un delitto che non ha commesso. Non è giusto che le colpe dei padri ricadano sui figli, si dice, e di colpe Rosario non ne ha se non quelle di essere nato in una famiglia di camorristi e quindi di essere costretto a portare avanti il mestiere di famiglia, se così si può definire. Il delitto di cui viene accusato Rosario è quello del professore in pensione di Lettere, Giacomo Gravela, morto in circostanze strane: morte naturale, omicidio o suicidio?

Quello che contraddistingue Mina, oltre a una quinta abbondante che cerca in tutti i modi di nascondere agli sguardi degli uomini di mezza Napoli, è la determinazione, la passionalità e la caparbietà nel portare avanti le nobili cause, anche a costo di trascinare un ignaro Domenico Gammardella chiamami Mimmo in indagini improvvisate e anche a costo di mettersi nei guai, perché ci sono cose per cui vale la pena battersi.

Abbiamo un’indagine che crea interesse fin dalle prime righe e abbiamo dei personaggi che scopriamo essere pagina dopo pagina sempre più interessante. Mina ha una cazzimma tutta sua e una verve indiscutibile, Domenico Gammardella chiamami Mimmo ha un candore che quasi commuove: possibile mai che non si accorge del trambusto che è capace di creare presso il consultorio? Ci sono il magistrato Claudio De Carolis (per inciso ex marito di Mina) e il maresciallo Gargiulo i cui duetti fanno sempre sorridere. Soprattutto c’è una storia che scuote chi legge, che prende gli stereotipi e li abbatte, perché in questo libro tutto ruota intorno a una cosa: la predestinazione. De Giovanni in questo libro è stato abilissimo nel toccare uno degli argomenti che vanno a braccetto quando si parla di Napoli, ossia la camorra, spostando però il focus della discussione su un altro punto: quanto conta nascere in un determinato luogo? Quanto conta crescere in una determinata famiglia?

C’è da un lato un ragazzo che è nato nella famiglia sbagliata in un posto sbagliato e che anche se amava leggere e studiare e si è laureato in prigione è costretto a portare avanti gli illeciti affari di famiglia, perché non ha alternative, perché non ti puoi ribellare, perché è sempre stato così e sempre sarà così. Dall’altro c’è chi è convinto che invece il cambiamento è possibile, perché il posto in cui nasci non determina la tua vita e che i luoghi comuni esistono, affinché possano essere ribaltati.

In Troppo freddo per settembre i personaggi prendono sempre più forma caratterizzandosi ulteriormente e vorrei chiudere come ho chiuso la maggior parte dei miei post dedicati ai libri del Maestro: arrivederci alla prossima indagine.

  • Titolo: Troppo freddo per Settembre
  • Autore: Maurizio de Giovanni
  • Casa Editrice: Einaudi (Stile Libero)
  • Data di pubblicazione: 15 Settembre 2020

I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)| Diego De Silva

i valori che contano

Una ragazza in mutande bussa alla vostra porta. Opzione A: richiudete gentilmente la porta ché in questi fatti poco chiari voi non ci volete entrare. Opzione B: la lasciate entrare. Se avete optato per la prima rientrate nel 99% della popolazione, se invece la lasciate entrare, le permettete di infilarsi nel vostro letto per crearsi un alibi credibile e infine le date il permesso per una doccia veloce, allora siete Vincenzo Malinconico.  

Quanto ci era mancato l’avvocato più inconcludente di tutti. Attenzione però, che Vincenzo Malinconico ha fatto carriera quindi un minimo di rispetto gli è dovuto. Ebbene sì, dove aver lasciato quel piccolo bugigattolo che spacciava per loft che condivideva con Espedito, l’avvocato è approdato nello studio di Benny Lacalamita in qualità di socio (più o meno), con uno studio tutto suo di oltre cento metri quadri, nessun oggetto made in Ikea e addirittura una segretaria personale di nome Addolorata (o forse Costernata o Desolata, una donna di sicuro afflitta, giusto per capirci).   

Sentimentalmente ci sarebbe una relazione con Veronica, ma la parola relazione è vietata in sua presenza e al momento la storia senza impegno va in scena giusto in svariate stanze d’albergo, per sottolineare il non volersi impegnare seriamente di lei, fosse per lui Veronica avrebbe già il suo spazzolino e la sua parte d’armadio a casa sua.  

Torniamo alla ragazza in mutande. Nel palazzo di Malinconico e più precisamente al quarto piano, è ubicato un bordello, cosa di cui l’avvocato era ignaro e la signorina dai pochi indumenti addosso stava scappando da una retata in corso quando ha suonato alla porta di Vincenzo che come avrete ormai capito l’ha fatta entrare senza indugi. Venere, il suo nome, fiera di essere una prostituta, oltre all’ospitalità, chiederà in un secondo incontro di essere patrocinata da Malinconico che a sua volta scoprirà che la ragazza è la figlia del sindaco e che si trova in guai abbastanza seri che potrebbero compromettere la carriera paterna e non solo.  

E poi succede cosi, all’improvviso, scoprire qualcosa sul tuo corpo che non dovrebbe esserci. Ti allarmi e cerchi di essere calmo. Consulti un dottore, perché ti vuoi togliere il dubbio e dormire tranquillo. Il dottore però non ti alleggerisce il carico, ma ci mette del suo e allora il campanello d’allarme inizia a suonare sul serio e in breve tempo la tua vita cambia rotta, inverte la marcia e ti trovi a dover affrontare una cosa che ti spaventa già solo pronunciarla. La malattia quando arriva, irrompe e spazza tutto e ristabilisce quelli che sono i valori che contano; i figli, anche se Alfio gli nasconde sempre tutto e Alagia che ormai vive a Padova per colpa di Heidegger, una compagna che forse lo ama davvero, un lavoro che dopo tutto dà soddisfazioni e tutte quelle cose che diamo per scontate, ma che quando stiamo per perderle ci mancano tanto, come un semplice tramonto in compagnia delle persone che amiamo.  

Diego De Silva con I valori che contano ci riporta un Vincenzo Malinconico in tutto il suo splendore che in qualche riga riuscirà nell’impresa di farci commuovere: tranquilli però che già in quella successiva ne dirà una delle sue e la normalità sarà ristabilita.  

  • Titolo: I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)
  • Autore: Diego De Silva
  • Casa editrice: Einaudi
  • Data di pubblicazione: 3 Giugno 2020

Inventario di un cuore in allarme| Lorenzo Marone

inventario di un cuore in allarme

Se avessi letto questo libro un paio di anni fa, probabilmente avrei etichettato Lorenzo Marone come un folle incapace di scindere tra paure reali e paure strambe. Un giudizio affrettato, me ne rendo conto, ma ci troviamo in uno di quei casi in cui se una determinata cosa non la viviamo sulla nostra pelle, fatichiamo a comprenderla. Siccome da un po’ di tempo la mia vita è diventata una montagna russa con alti e bassi (anche bassissimi), leggere questo libro mi ha toccato parecchio, perché molto di ciò di cui parla l’autore lo sto conoscendo mio malgrado e vorrei dire a Lorenzo: scambiamoci i numeri di telefono, confrontiamoci sui nostri sintomi, ridiamo delle nostre paure e/o deprimiamoci insieme.

Prima di fondare il nostro privato club stile alcolisti anonimi vediamo un po’ di cosa ci parla stavolta uno dei miei autori napoletani preferiti.

Inventario di un cuore in allarme di Lorenzo Marone uscito per Einaudi Stile Libero l’11 febbraio, è un libro dove lo scrittore ha deciso di mettersi a nudo e mostrare una parte sconosciuta ai suoi lettori: la sua insana ipocondria. Chi è l’ipocondriaco? Una persona che vive nella paura perenne di ammalarsi, che scambia il minimo sintomo per una malattia che lo condurrà in breve termine alla morte, che si analizza per un nonnulla e che al tempo stesso è terrorizzato dagli esiti di quegli esami, che stazionerebbe ore intere nello studio di un medico pur di togliersi ogni minimo dubbio, che come soggiorno preferito ha le stanze di un ospedale e al tempo stesso è anche terrorizzato dai medici: insomma l’ipocondriaco è uno che campa ‘na chiavica. 

Per quanto Marone mantenga un tono ironico durante tutto il libro, ho pensato che non deve essere stato semplice mostrare la sua vulnerabilità e rivelare le sue paure più profonde. Quando ammettiamo di avere paura, cade quella maschera di persona forte che abbiamo deciso di indossare e viene fuori la fragilità che per quanto faccia parte dell’essere umani, preferiamo tenere nascosta ai più.

Come si combattono le paure? Parlandone, sdrammatizzando. Questo è il mantra dell’intero libro: ti parlo delle mie paure, ti svelo i miei segreti, proviamo a ridere insieme e facciamoci forza a vicenda se anche tu ti ritrovi in quello che dico.

Cercando di fissare il momento in cui tutto ha avuto inizio, l’autore ci racconta passo passo le sue paure, ci mostra cosa vuol dire vivere con l’ansia costante del «mi sta per succedere qualcosa di brutto». Parla, riflette, si analizza. Trascina nelle sue paranoie una povera moglie che ahimè, deve sopportarlo e degli amici probabilmente stanchi della sua continua litania, senza dimenticare i terapeuti che ci ascoltano per professione e anche un prete, perché tanto ormai vale tutto e quindi chi più ne ha, più ne metta.

Tra nuove tecniche di rilassamento, gruppi di sostegno su internet (state lontani da internet se non volete aggiungere sintomi ai vostri) e fiori di Bach (avranno mai funzionato su qualcuno?), Inventario di un cuore in allarme, Lorenzo Marone muove le sue riflessioni in campo scientifico e filosofico, passando per la religione e la psicologia, mettendo su un libricino che si legge con curiosità ed interesse.

PS: al sopraggiungere del mio nuovo delirio, piuttosto che assuefarmi di fiori di Bach (che ripeto, non funzionano), proverò a leggere qualche pagina. Alla fine una risata non ha mai ucciso nessuno (vero?).

  • Titolo: Inventario di un cuore in allarme
  • Autore: Lorenzo Marone
  • Casa editrice: Einaudi Stile Libero
  • Data di pubblicazione: 11 Febbraio 2020

Giovanissimi| Alessio Forgione

giovanissimi

Ci sono certi libri che diventano per me delle ossessioni, in senso positivo, sia chiaro. Me ne innamoro così follemente che la mia diventa una vera e propria missione: vai e diffondi il libro. Quando due anni fa è uscito il libro d’esordio di Alessio Forgione, Napoli mon amour e mi sono resa conto di trovarmi di fronte a un libro perfetto, la conseguenza è stata una: consigliare quel libro a chiunque.

Mi rendo conto di sfinire le persone, ma il mio mantra è questo: i libri belli devono essere conosciuti, i libri belli devono essere letti.

La notizia di un secondo libro di Alessio Forgione mi ha rallegrato e al tempo stesso mi ha messo un pizzico d’ansia e chi è lettore mi capisce: se questo libro non sarà all’altezza del precedente? Quando Giovanissimi, questo il titolo uscito il 23 gennaio per NN Editore, mi è arrivato, ci ho messo qualche giorno prima di decidermi ad iniziarlo. Quando l’ho fatto, due ore e mezza dopo l’ho finito (non conosco mezze misure, ma questa è un’altra storia).

In Giovanissimi ritorniamo a Napoli, non la Napoli del centro storico in cui si muoveva Amoresano, ma la Napoli periferica e precisamente a Soccavo. Marocco è un ragazzino che frequenta il primo anno di liceo a cui deve il soprannome a causa dei suoi capelli ricci e neri e della sua carnagione scura. La voglia di studiare non ce l’ha, frequenta la scuola solo per assecondare il desiderio di suo padre con cui vive dopo che la madre li ha lasciati dall’oggi al domani. L’assenza della donna è una delle grandi ferite aperte di Marocco che vorrebbe almeno una spiegazione di quel gesto tanto assurdo. A casa sua sono sparite anche le fotografie e il ricordo del tono della sua voce si affievolisce giorno dopo giorno.

L’unica cosa che spinge Marocco ad alzarsi dal letto è il pallone. Le partite a calcetto con i suoi amici lo motivano come nient’altro e con quelle la speranza di poter diventare un professionista e cambiare radicalmente la sua vita. Arrivano poi a distanza di poco tempo la proposta del suo amico Lunno e l’incontro con Serena. La prima rientra nella categoria di proposte che non si possono rifiutare, semplici, veloci, che gli permetteranno di guadagnare qualcosa, ma che come controparte hanno il fatto di non essere nei limiti della legalità. Serena, invece, lo stravolgerà del tutto facendogli conoscere il primo amore, quello che quando arriva ti stordisce e ti rincretinisce.

Fu così che pensai che nel primo ciao che ci si dice è compreso anche l’addio e che l’inizio è solo l’inizio della fine e che ogni incontro non è altro che un lungo abbandono, centellinato goccia a goccia, lento.

Con Giovanissimi Alessio Forgione ci parla delle amicizie vere o presunte tali, della fragilità dei rapporti familiari e dell’amore, quello rude e acerbo, tipicamente adolescenziale. Inoltre racconta della labilità dei confini e di quanto facile sia muoversi tra il territorio giusto e quello sbagliato. La scrittura di Forgione è una scrittura che non lascia scampo, ti prende, ti rapisce, ti avvolge e ti trascina e non ti rendi conto di essere arrivato a fine libro. Parlavo con un’amica della bravura di questo autore napoletano, entrambe eravamo d’accordo sulle sensazioni che avevamo avuto leggendo il suo libro d’esordio: Forgione ha delle enormi potenziali e una voce rara in questo grande panorama editoriale (e scusate se è poco).

PS: se Alessio Forgione continua a ridurmi a pezzi ad ogni suo libro, la prossima seduta di psicoterapia me la offre lui.

  • Titolo: Giovanissimi
  • Autore: Alessio Forgione
  • Casa editrice: NN Editore
  • Data di pubblicazione: 23 Gennaio 2020

Nozze per i Bastardi di Pizzofalcone| Maurizio de Giovanni

nozze

Un matrimonio a febbraio. Che assurdità.

È febbraio e Napoli è avvolta da un vento gelido, quel tipo di vento forte e ghiacciato che costringe le persone a rintanarsi nei cappotti pesanti e a difendersi a suon di sciarpe e cappelli di lana. Anche a Napoli c’è vento, a dispetto di chi la vorrebbe sempre col sole.

Costanza Giaquinto alla veneranda età di ottantanove anni ama trascorrere le sue giornate affacciata a una delle finestre della abitazione del Seicento dove può ammirare l’orizzonte e perdersi nelle memorie che il mare le fa affiorare, solo così riesce a sentirsi meno sola. È dalla sua finestra che una mattina si accorge di un bellissimo abito da sposa che galleggia tra le onde, trascinato dalla corrente.

Nella grotta che si affaccia sulla spiaggetta viene rinvenuto il cadavere di una giovane donna. Segni particolari? Nuda. Un solo colpo dritto al petto costatole la vita.

È un caso per i Bastardi del commissariato di Pizzofalcone che indagine dopo indagine, successo dopo successo, si sono scrollati di dosso l’etichetta di reietti e possono finalmente lavorare senza avere addosso l’ansia di un’imminente chiusura della loro sede. La cattiva fama è difficile da cancellare e la squadra di Lojacono sa bene che basta un passo falso per cancellare tutti i progressi fatti, motivo per cui bisogna lavorare bene, senza sgarrare e senza forzare le regole.

Il caso di Francesca Valletta, la giovane ragazza rinvenuta sulla spiaggetta, si mostrerà in un modo e si rivelerà essere tutt’altro, perché Francesca, che il giorno in cui è stata ritrovata avrebbe dovuto sposarsi e per quanto lei fosse amata da tutti e descritta come una ragazza senza grilli per la testa, avrebbe contratto matrimonio con Giovanni Sorbo, figlio di Emilio Sorbo, capo-clan pregiudicato e con una serie di processi a suo carico per molteplici delitti.

Il particolare non è di poco conto, tanto che il caso suscita l’interesse del magistrato della Dia Diego Buffardi che concede ai Bastardi tre giorni di tempo per risolvere il caso: scaduti quelli, ciao ciao all’indagine. I Bastardi avranno poche ore per dimostrare che non tutto ciò che avviene sotto il cielo di Napoli è colpa della camorra. È un pregiudizio difficile da superare oltre che un’approssimazione superficiale. Esplode un colpo di pistola a Napoli? Sarà stata la camorra.

Una cosa prestata, una cosa regalata, una cosa vecchia, una cosa nuova, una cosa blu.  

Il tempo scorre e scorre in fretta, un’indagine che assorbirà tutti i componenti i quali non dimentichiamoci hanno una vita e tutto il carico di problemi che questa comporta. Giuseppe Lojacono ad esempio, vorrebbe veder concretizzato il suo rapporto segreto con Laura Piras, ma la dottoressa al solo sentir nominare la parola nozze cambia discorso.

Ottavia vorrebbe avere il coraggio di lasciare l’uomo che ha avuto al suo fianco per anni e che probabilmente non ha mai amato per vivere la sua storia con Palma alla luce del sole, ma ha un figlio a cui pensare e un figlio ha sempre la priorità nella vita di una mamma, anche se questo significa rinunciare alla felicità.

Stesso discorso per Alex e per l’amore con la sua Rosaria: l’abito bianco per le due è mera utopia.

Francesco Romano ha Giorgia al suo fianco, la piccola Giorgia che un giorno spera di adottare, un periodo perfetto, se non fosse che alla mente riaffiora sempre il ricordo di quella dottoressa.

Meno male che a risollevare il morale c’è sempre Marcolino Aragona con i suoi look in-commentabili che non si sa come finirà a vivere nella stessa casa di Giorgio Pisanelli. Un attacco di affezione nei confronti del suo superiore, mascherato dal fatto che la famiglia gli ha tagliato l’assegno mensile e l’albergo dove risiedeva lo ha gentilmente messo alla porta.

Ed infine Elsa Martini, l’ultimo pezzo che fatica ancora ad integrarsi nella squadra e in questa pazza città in cui forse non è capitata per puro caso…

Una cosa prestata, una cosa regalata, una cosa vecchia, una cosa nuova, una cosa blu.

Maurizio de Giovanni torna con Nozze, Einaudi, la nona indagine dei Bastardi di Pizzofalcone. Sono cresciuti, sono cambiati, sono maturati e le loro storie continuano a raccontarci cose che di loro ancora non sapevamo. Quelle ferite che li avevano segnati sembrano essere sparite, invece ci sono, solo che sono meno evidenti. Quelle ferite hanno fatto spazio ai nuovi problemi d’affrontare, alle varie situazioni in cui si ritrovano loro malgrado. Nove libri sono tanti, qualcuno potrebbe dire che l’autore non ha più niente da dire. Non Maurizio e non i Bastardi, capaci di appassionare ancora e a regalarci degni colpi di scena che ci fanno desiderare ardentemente una sola cosa: una nuova indagine al più presto, ne abbiamo bisogno.

  • Titolo: Nozze per i Bastardi di Pizzofalcone
  • Autore: Maurizio de Giovanni
  • Casa Editrice: Einaudi (Stile Libero)
  • Data di pubblicazione: 3 Dicembre 2019